L'Italia sale al 25° posto

Il World Happiness Report 2021 ha un sapore davvero speciale, poiché la classifica dei Paesi più felici al mondo, quest’anno riflette gli effetti della pandemia sul benessere individuale e collettivo.

A un anno dall'invasione del Coronavirus nelle nostre vite, gli effetti sono stati diversi da Paese a Paese, anche in conseguenza alle politiche messe in atto dai singoli governi e alle condizioni di partenza del benessere e della fiducia della popolazione nei confronti della propria comunità di appartenenza.

Dobbiamo urgentemente imparare la lezione che ci ha dato il Covid - dichiara Jeffrey D. Sachs, presidente di United Nations Sustainable Development Solutions Network, l’ente che pubblica il report annualmente da nove anni - La pandemia ci ricorda tutte le minacce ambientali che ci affliggono, l'urgente necessità di collaborare e le difficoltà di ottenere tale collaborazione in ogni singolo Paese e globalmente. Il World Happiness Report 2021 ci ricorda che dobbiamo lavorare per il benessere piuttosto che per la mera ricchezza, che sarà davvero precaria se non miglioriamo il nostro modo di gestire la sfida dello sviluppo sostenibile”.

Nel World Happiness Report 2021 la Finlandia si conferma in testa alla classifica, secondo i dati raccolti dal Gallup World Poll. Questo posizionamento è da attribuire principalmente alla fiducia della popolazione nei confronti della propria comunità, elemento che in questo momento di pandemia ha contribuito a proteggere il benessere delle persone. L’Italia sale dal 28esimo al 25esimo posto, nonostante l’anno terribile appena trascorso. A differenza di altri Paesi, secondo i ricercatori del World Happiness Report, la risposta dell’Italia al virus è stata insoddisfacente, principalmente per una scarsa adesione della popolazione alle misure richieste e i pochi controlli, nonostante le misure messe in atto nei primi mesi della pandemia fossero stringenti.

Siamo stati sorpresi di vedere che in media non c'è stato un declino nel benessere generale, misurato sulla base della valutazione soggettiva delle persone e delle proprie vite - commenta John Helliwell, professore dell'Università British Columbia - Una possibile spiegazione è che la gente vede il Covid-19 come una minaccia comune ed esterna, che tocca chiunque e che ha generato un maggior senso di solidarietà ed empatia”.

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Salute mentale e lavoro

Il report ha cercato di rispondere a una domanda fondamentale: perché i tassi di mortalità sono così diversi nel mondo? Il dato è infatti molto più alto in America e in Europa rispetto ad Asia, Australia e Africa.

I fattori determinanti includono l'età della popolazione, l'essere un'isola o meno, la prossimità ad altre zone altamente infette. Alcune differenze culturali, inoltre, hanno ulteriormente contribuito a modificare il tasso: la fiducia nelle istituzioni pubbliche; la conoscenza maturata in epidemie precedenti; la disuguaglianza nel reddito; la presenza di una donna come capo del governo.

L'esperienza dell'Asia dell'Est mostra che politiche stringenti non solo hanno controllato la pandemia in modo efficace, ma hanno anche contrastato l'impatto negativo dei bollettini giornalieri relativi alle infezioni sulla felicità delle persone” afferma Shun Wang, professore del Development Institute Coreano.

La questione della salute mentale è stata una delle grandi ricadute della pandemia, ma anche del conseguente lockdown. Quando la pandemia è iniziata, c'è stato un significativo e immediato declino nei livelli di salute mentale in diversi Paesi. Le stime variano molto a seconda dei criteri di misurazione adoperati, ma il dato qualitativo è simile. Nel Regno Unito, per esempio, a maggio 2020 il tasso generale di salute mentale è stato di 7.7% inferiore rispetto a quanto previsto se non ci fosse stata la pandemia. Il numero di problemi legati alla salute mentale è stato superiore del 47%.

Vivere a lungo è ugualmente importante che vivere bene. In termini di numero di anni di vita 'felici' a persona, il mondo ha fatto grandi progressi negli ultimi decenni, che persino il Covid-19 non è riuscito a cancellare del tutto”, commenta Richard Layard, co-direttore del Well-Being Programme del Centre for Economic Performance della London School of Economics.

Come è facile immaginare, visti i vari lockdown dell'ultimo anno e il distanziamento sociale, la pandemia ha avuto un significativo effetto sul lavoro, limitando i contatti tra colleghi e causando un aumento del senso di solitudine e di isolamento soprattutto in chi già ne pativa gli effetti.

Nelle mie ricerche precedenti, si è evidenziato come lavoratori soddisfatti sono del 13% più produttivi - racconta Jan-Emmanuel De Neve, direttore del centro di ricerca sul benessere dell'Università di Oxford - Questa ricerca dimostra che la felicità non dipende dalla busta paga e che i rapporti sociali e il senso di identità sono fattori molto più importanti. Queste conclusioni ci fanno pensare a un futuro del lavoro 'ibrido', con un maggiore equilibrio tra attività in ufficio e in remoto, in modo da poter mantenere le relazioni sociali più agevolmente e assicurare una maggiore flessibilità per i lavoratori”.

Per il quinto anno consecutivo illycaffè e la Fondazione Ernesto Illy sono partner del World Happiness Report.

“Sosteniamo gli studi sulla felicità attraverso illycaffè e la Fondazione Ernesto Illy per capire quali sono le determinanti della felicità e attuarle nel nostro contesto del caffè - spiega Andrea Illy, presidente di illycaffè e membro del CdA della Fondazione Ernesto Illy – riteniamo la felicità un prerequisito per qualsiasi transizione verso una società più sostenibile, tanto che il benessere dei nostri stakeholder rappresenta uno degli impegni statutari della nostra azienda. Una responsabilità importante in un momento come questo, in cui il mondo interno deve affrontare la pandemia, il cambiamento climatico e, più in generale, la crisi sistemica generata dall’insostenibilità degli attuali modelli economici e sociali”.