Roberto Mancini, senza mezze misure - di Marco Gaetani. 224 pagine. 2021 - 66thand2nd. Prezzo: 18

Italia - Inghilterra era iniziata con premesse davvero diverse rispetto all’esito finale. Dopo due giri di lancette dell’orologio, ed un fulminante gol inglese, che ha sorpreso gli azzurri - in campo e davanti alla televisione - nemmeno i più spericolati bookmaker britannici avrebbero scommesso sulla vittoria dell’Italia, e ai rigori. Eppure, così è andata. La Nazionale italiana ha dipinto con il tricolore la notte europea, come non accadeva del 1968.

Dal Coming Home del sogno britannico al Coming Rome della realtà italiana, il passo è breve. Ci perdoneranno i puristi della grammatica di Sua Maestà, se al gioco di parole, che si è diffuso più velocemente dei fischi durante l’esecuzione dell’inno degli italiani, manca il to prima della capitale italiana.

All’indomani della notte magica italiana, ci si può fermare un istante e pensare a Roberto Mancini nella prospettiva di un libro, scritto alla luce dell’intuizione che l’allenatore, al di là della sobrietà dei modi e della pacatezza esteriore, dentro sia un mare in tempesta. E con la tempesta o ci giochi o ti travolge. Senza mezze misure, appunto, come il titolo del ritratto che fa del ct campione d’Europa, Marco Gaetani per i tipi di 66thand2nd.

Il corpo di tre quarti, la gamba destra piegata all’indietro, il tacco che colpisce il pallone e manda fuori tempo gli avversari. Se si potesse fermare la carriera di Roberto Mancini in un attimo, riassumerla in un gesto, sarebbe questo. Una vita calcistica trascorsa all’insegna del colpo a effetto, con un bagaglio tecnico sterminato spinto da una personalità che in molti definiscono dirompente. Il segreto che ha portato Mancini a vincere trofei dove sembrava impossibile, ma che forse, quasi per una compensazione universale, ha finito per frenare un’ascesa ancora maggiore.

Roberto Mancini, senza mezze misure è il racconto di uno dei talenti più limpidi espresso nella Serie A italiana negli ultimi quarant’anni, ma anche dei suoi eccessi caratteriali. «Mancio», esploso ai massimi livelli appena adolescente, ha saputo adattarsi presto a un mondo di altissima competitività, senza mai rinunciare al suo modo di intendere la vita e il calcio.

Gaetani ricostruisce la storia di Mancini e quelle di chi ha provato a trasformarlo in un centravanti moderno e ha dovuto fare i conti con la sua voglia di essere un numero 10, poi di chi ha tentato (inutilmente) di inserirlo nei gruppi della Nazionale, e di chi lo ha amato, a prescindere da tutto, come si fa con il mare in tempesta. Con la maglia azzurra da giocatore, Mancini è stato atteso invano. Invece, l’intesa con l’Azzurro è sbocciato da allenatore, al culmine di un altro percorso nato in fretta, quando ancora non sentiva di aver davvero tolto gli scarpini. In panchina Mancini ha cercato di fare suoi gli insegnamenti dei tanti tecnici incontrati nell’arco della sua carriera: da Burgnich a Eriksson, passando ovviamente per Boskov ed i trionfi con la maglia blucerchiata della Sampdoria. Con l’amico Vialli alla Samp, avrebbero forse potuto (e meritato) di vincere di più. A Wembley, Roberto e Gianluca, ci sono arrivati insieme, dopo aver attraversato quelle tempeste che la vita di mette davanti, senza guardarti in faccia. E ora, forse, dopo la vittoria dell’Europeo, dopo una finale degna di una collaborazione tra Dante e Shakespeare, finalmente, Roberto Mancini con l’Azzurro ha fatto la pace. (Alberto Rosa)