Al Bayt Stadium

Il Paese più sportivo del pianeta

Tanto per capirci: Tamin bin Hamad al-Thani, l’emiro del Qatar il cui volto ti ritrovi stampato su cartelloni e grattacieli ad ogni angolo di Doha, da giovane era una speranza del tennis locale. E si allenava con Nasser Al-Khelaifi, che oggi è il presidente della federtennis locale e soprattutto presidente del Paris St-Germain di calcio, la ricchissima squadra di Neymar e Buffon.

«Il fatto è che qui tutti siamo un po’ fissati con lo sport», ti spiega l’autista della transportation del torneo Atp di Doha, mentre scala la marcia alla Bmw serie 7 prima di entrare allo stadio. «Io ad esempio gioco a pallavolo, e sogno di arrivare in nazionale. Ma mi dica, a lei piace più Federer o Nadal?».

Benvenuti nel paese più sportivo del Golfo, e percentualmente forse il più sportivo del pianeta: appena due milioni e 600mila abitanti ma un’offerta di altissimo livello che copre tutte le discipline. Dal tennis - con due ricchissimi tornei professionistici a gennaio e febbraio - all’equitazione, ospitata in un impianto faraonico che vale la visita anche solo per le scuderie reali, sede di una tappa prestigiosa del Longines Global Champions Tour. Dall’atletica, che dal 28 settembre all’8 ottobre vivrà qui la prossima edizione dei Mondiali, al golf, con il Commercial Bank Qatar Masters, prestigiosa tappa del PGA Tour europeo. Dalla Moto Gp, con il Gran Premio che si corre dal 2004 a Lusail, alla scherma, al ciclismo - il Tour del Qatar è stato vinto 4 volte da Tom Boone e una da Mark Cavendish -, al cricket, al nuoto che nel 2023 celebrerà qui i suoi Mondiali. E la lista potrebbe continuare…

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I Mondiali del 2022 e la Aspire Academy

Molti però in Europa hanno iniziato a sentir parlare del paese del Golfo solo nel 2010, quando si è aggiudicato, fra mille polemiche, l’organizzazione dei Mondiali del 2022. Il calcio del resto è sicuramente lo sport più popolare anche da queste parti. «I dirigenti del Qatar mi hanno chiesto se volevo venire qui ad allenare per la prima volta nel 2003», spiega Bora Milutinovic, il ct giramondo che ha portato ai Mondiali Messico, Nigeria, Costarica, Stati Uniti e Cina. «Pensare di rendere competitivo il Qatar sembrava un sogno. Ma adesso il sogno si è realizzato». Con Bora in veste di guru e Felipe Sanchez in panchina, il Qatar quest’anno infatti ha conquistato la Coppa d’Asia battendo in finale il Giappone, e fra tre anni non si presenterà ai Mondiali da semplice Cenerentola.

Per anni sullo sport del Qatar sono piovute critiche violente, anche giustificate, visto che pur di conquistarsi un posto al sole era disposto a fare ‘shopping’ di atleti stranieri, regalando un passaporto e un portafoglio (pieno) a talenti soprattutto africani. E costringendo i lavoratori stranieri a condizioni non accettabili. Da qualche tempo le cose stanno cambiando. Un tassello importante è quello della Aspire Academy, l’enorme accademia multisport voluta nel 2004 dalla famiglia reale Al-Thani che si estende come una città dentro la città all’ombra della Doha Torch, l’impressionate torre alta 300 metri a forma di torcia olimpica inaugurata per gli Asian Games del 2006, e dove in inverno vengono regolarmente ad allenarsi squadre come il Bayern Monaco, il PSG, lo Spartak Mosca. I tecnici (soprattutto spagnoli) della Aspire hanno allevato una generazione di calciatori cresciuti calcisticamente nel paese: il reclutamento all’estero rimane, attraverso il programma Football Dream supervisionato da Joseph Colomer, lo scopritore di Messi; ma oggi atleti come Almoez Ali e Akram Afif, qatarioti a tutti gli effetti, fanno gola a molte squadre occidentali. E iniziano a fare concorrenza ai due sportivi made in Qatar conosciuti in tutto il mondo: Mutaz Essa Barshim, un bronzo e un argento alle olimpiadi nel salto in alto (sua con 2,43 la seconda miglior misura di sempre) e il principe sportsman Nasser Al-Attyah, campione di rally e bronzo nel tiro al volo ai Giochi di Londra nel 2012.

Come nasce e si realizza uno stadio: il video

Oggi poi tutto il paese è un enorme cantiere, giorno dopo giorno crescono gli stadi che ospiteranno i Mondiali e che rappresentano lo stato dell’arte dell’impiantistica sportiva. L’Al Bayat Stadium, in particolare, meraviglioso nella sua forma che ricorda una tradizionale tenda nel deserto, è una commessa italiana: lo sta costruendo la Salini-Impregilo ed è stato visitato quest’anno anche dal premier Giuseppe Conte. Il Doha Port Stadium, che dominerà la vista sulla baia, è stato progettato invece per essere interamente smontabile. Dopo la fine dei Mondiali verrà smantellato e regalato a paesi che non possono permettersi strutture così costose. Lo sport, insomma, è il sentiero che il Qatar ha scelto per traslocarsi nel futuro, trasformando la propria immagine e aprendosi al mondo. Visitarlo, godendosi i tesori sportivi che offre, è un modo per accelerare il processo.

I futuri manager formati (anche ) dalla Bocconi

L'accordo con l'Università Bocconi di Milano. Nella
anche Mushtaq Al Waeli, secondo da sinistra
L’accordo con l’Università Bocconi di Milano. Nella

La vista, dall’alto di uno dei grattacieli che dominano la skyline di Doha, è meravigliosa. «Ma non ho tanto tempo per godermela» spiega sorridendo Mushtaq Al Waeli, Senior Adviser to the Supreme Committee for Delivery and Legacy, uno degli uomini che stanno dietro il miracolo della vittoria del Qatar nella Coppa d’Asia e l’organizzazione dei mondiali del 2022. «Il concetto chiave che ci ha fatto vincere la candidatura nel 2010 - spiega Al Waeli - e che stava alla base di tutto il progetto, è che questa Coppa del Mondo non è solo del Qatar, ma di tutta la regione medio-orientale e nordafricana. E’ la prima Coppa del mondo che viene ospitata in un paese arabo e li rappresenta tutti, ma è anche un evento che riguarda tutta l’Asia». E che va molto oltre le partite che si giocheranno fra tre anni.

«I Mondiali devono lasciare un’eredità, in almeno tre sensi. Una eredità fisica: la progettazione degli stadi e in generale di tutte le infrastrutture non è pensata solo per il torneo, ma servirà alle prossime generazioni. L’eredità sociale e umana: formare personale capace di gestire l’organizzazione di eventi, non solo sportivi. La terza eredità riguarda uno degli obiettivi di tutta la regione del Golfo, cioè il benessere dei lavoratori, il loro diritto a essere ben pagati, a lavorare nel giusto ambiente e con l’adeguato rispetto».

Sono nati così il Jasoor Institute, un centro di formazione e di orientamento professionale, il Challenge 2022 per l’innovazione, uno specifico programma per i lavoratori, infine Generation Amazing che riguarda i progetti umanitari. «Non abbiamo l’esperienza per gestire tutto da soli - spiega Al Waeli - ma la volontà e la visione per sfruttare l’esperienza di chi al mondo ha organizzato grandi eventi. Vogliamo essere sicuri che i nostri futuri dirigenti non ricevano solo un insegnamento accademico, ma anche sul campo, da chi ha lavorato a eventi in precedenza: venue manager, stadium manager, dirigenti federali».

Da tempo sono partiti progetti con tre grandi Università: Georgetown, Liverpool, famosa per il master in football industries, e Leeds. «Negli ultimi anni abbiamo laureato 180 persone, ora che ci avviciniamo all’evento, vogliamo essere più focalizzati su chi dovrà gestirlo in prima persona. Ci serve l’esperienza di chi ha lavorato con i nostri partner più importanti, come la Fifa, e questo ci ha portati alla Bocconi. Abbiamo firmato con loro un accordo di cui siamo molto orgogliosi, che ci consentirà di sfruttare le loro grandi conoscenze ma fornirà anche una esperienza unica alla Bocconi visto che sarà la prima Coppa del Mondo organizzata in Arabia. I corsi si tengono in Qatar ma gli iscritti possono seguire anche match dei campionati europei».

Mushtaq Al Waeli ha un passato da calciatore. Ha sempre seguito il nostro campionato («la mia squadra preferita è la Juventus»), è consigliere della federcalcio del suo Paese e ha lavorato alla Aspire Academy assistendo alla crescita della generazione di atleti che ha conquistato la Coppa d’Asia. «ll Qatar voleva dimostrare che ospiteremo i Mondiali non solo perché abbiamo i soldi, ma anche perché siamo appassionati di sport, e meritiamo di partecipare alla manifestazione. Il 2022 per il Qatar non è un traguardo, ma un acceleratore del piano di sviluppo del nostro paese. I Mondiali saranno una tappa fondamentale, ma lo sport rimarrà una priorità per il Qatar. Vogliamo che la gente venga qui e veda di cosa siamo capaci. Alle sfide abbiamo sempre risposto con i fatti».

Generation Amazing: a scuola di calcio con Xavi

Xavi Hernández, secondo da sinistra, insieme a un gruppo di giovani del progetto Generation Amazing
Xavi Hernández, secondo da sinistra, insieme a un gruppo di giovani del progetto Generation Amazing

Il calcio come uno strumento per insegnare ai giovani a lavorare insieme, a comunicare, a superare le barriere sociali, a guidare il cambiamento nella propria vita e in quella della comunità. Questo è Generation Amazing, uno dei progetti di maggior successo che il Qatar sta portando avanti in vista dei Mondiali del 2022. Costruire campi di calcio, costruire relazioni. Per ora sono oltre 250.000 le persone che ne hanno beneficiato, in 28 comunità sparse nei sette paesi del medio ed estremo oriente in cui Generation Amazing è presente: Qatar, Nepal, Pakistan, Giordania, Libano, Filippine e India. Sono 180 i lavoratori che attraverso Generation Amazing hanno ricevuto una istruzione mirata per diventare allenatori di calcio e attraverso lo sport contribuire a cambiare la vita dei ragazzini in età scolastica e in zone disagiate del pianeta, l’obiettivo per il 2022 è di coinvolgere almeno un milione di persone. Fra i testimonial di Generation Amazing c’è anche Xavi Hernández, una delle stelle del grande Barcellona insieme a Leo Messi e Iniesta, che dopo l’addio ai blaugrana ha giocato per quattro anni in Qatar. E che a Mumbai, in India, ha conosciuto Umehs Rathod, uno dei ragazzini che lottano per avere un’educazione in una regione dove i bambini sono costretti a lavorare giovanissimi in condizioni di vita durissime. «Umesh ha 15 anni ed è pazzo per il calcio. Mi ha portato a casa, mostrato i suoi trofei e fatto conoscere i suoi genitori che lo hanno sempre incoraggiato nella passione per il calcio e incoraggiato a frequentare la scuola. A Mumbai con Generation Amazing abbiamo inaugurato un campo di calcio che servirà a lui e alla sua comunità, compresa Poonam, una calciatrice di 19 anni che ora è diventata istruttrice per i bambini più piccoli». Calcio, ma non solo calcio.