A lezione da Gelindo Bordin

Il maestro è d’eccezione, quindi le pillole sono di saggezza pura. Di quelle da non farsi scappare. La medaglia d’oro olimpica nella maratona di Seul ’88 Gelindo Bordin è diventato per un week-end il mentore di una quarantina di runner (equamente suddivisi tra scafati e alle prime armi) che grazie all’iniziativa #RunWithMe targata Diadora correranno, il 26 ottobre, l’Halloween Half Marathon di Miami Beach.

Un appuntamento che al di là dei travestimenti da mostri può essere ‘da paura’ per chi ha corso, nella sua vita, soltanto per gioco o poco più. L’idea alla base di #RunWithMe sta proprio nell’affiancare a chi di chilometri di corsa ne macina parecchi, con consapevolezza e con continuità, chi invece ha abbandonato da poco le morbidezze del divano per calpestare l’asfalto. I primi hanno ‘sfidato’ gli altri, li hanno convinti a partecipare a un contest sui social network che ha generato quasi 50 mila voti ed eccoli lì, tutti insieme di corsa verso la Florida.

I consigli griffati Bordin sono rivolti soprattutto a chi sta per cominciare. Gli altri, come si dice, già sanno. O dovrebbe sapere. Noi c’eravamo, a sentire che cosa ha detto uno dei simboli dell’atletica italiana in quel week-end a Caerano di San Marco (Treviso). E, da runner ai primi passi, abbiamo provato a metterli in pratica. Adesso, dopo quindici giorni buoni di ‘prova-provata’ per strada e sentieri (sulla nostra pelle), sappiamo che funzionano. Eccome se funzionano.

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Alternare per non… stagnare

Correre sempre allo stesso modo, come fa uno alle prime armi che ‘esce’ alla sera o di prima mattina ‘tanto per’, può rivelarsi esercizio molto subdolo. Pensi, così facendo, di migliorare giorno dopo giorno, settimana dopo settimana. E invece… continui a fare fatica, magari la stessa fatica del primo giorno, e i miglioramenti sono talmente impercettibili da dare continue spallate - o martellate - all’umore e al morale. Molto meglio variare andatura, ritmo e intensità. Bordin docet: certamente è giusto farlo all’interno di un piano d’allenamento, ma anche all’interno di una stessa settimana, programmando sessioni di diversa ‘durezza’. ma anche all’interno dello stesso allenamento, a volte, può essere consigliabile. Partire più forte, dopo un buon riscaldamento, poi calare il ritmo e di nuovo aumentarlo in chiusura di sessione permette di far crescere le prestazioni del motore. Così sì che dopo poco i miglioramenti si ‘sentono’ nelle gambe e si vedono sul cronometro. Molto più distintamente.

Ascoltare i segnali del nostro corpo

I runner più avanzati si allenano con il cardio-frequenzimetro. Sanno a che livello di pulsazioni devono tenere il cuore, a seconda dei momenti e delle tabelle da seguire. I principianti, i pigroni redenti e tutti gli altri un po’ meno. Ma all’inizio è giusto che sia così. “Bisogna imparare ad ascoltare il proprio corpo, riconoscere i segnali che ci dà”, certifica Bordin. Per farlo basta ‘ascoltare’ il proprio respiro durante una corsa, ‘sentire’ il battito del cuore che aumenta e diminuisce di frequenza, percepire la cadenza dei nostri passi sulla strada. Tutti segnali ottimi da saper interpretare per alzare o calare ritmo e intensità. O, perché no, per fermarsi un attimo, rallentare fino a camminare, rifiatare e ripartire. E poi ci sono le spie, come per le auto: un dolorino qua e là (muscolare, intercostale, allo stomaco, alla milza…), tutte cose cui prestare attenzione. Il nostro corpo ci parla anche così. Far finta di non sentire e girarsi dall’altra parte non è da principianti, è da str… vabbè.

La postura conta

Per Bordin il ventaglio umano dei runner, più o meno di tutti i livelli, è catalogabile in stereotipi generali. Sottoinsiemi definibili per gli errori che si commettono, nella postura e nella falcata, durante la corsa. C’è il ‘cercatore di funghi’ (quello che corre guardando in basso), l’osservatore di stelle (quello che corre guardando in alto, chissà dove, verso l’infinito), o il pattinatore (che ‘scalcia’ i piedi verso l’esterno invece di seguire un’immaginaria linea retta sull’asfalto). Non sono tutti qui, ma ci siamo capiti. Correre bene, da manuale o quasi, aiuta a far meno fatica. Cosa bisogna tenere in mente? “Che il ‘terreno va attaccato’ in avanti, che è la gamba che deve spingere e che la parte alta deve seguire il ritmo, senza essere tesa, contratta o rigida”. Collo e spalle devono sciogliersi, lo sguardo puntare dritto a una ventina di metri al massimo davanti a noi. Non andiamo a funghi, non guardiamo gli astri: corriamo.

Lasciamo a casa il ‘bustino’

Diretta conseguenza del punto 3, e l’abbiamo già accennato, è la rigidità di collo e spalle. Che devono essere quanto più rilassati, sciolti, morbidi. Ne va della nostra facilità di corsa e dunque del dispendio d’energie. Ma anche della respirazione, perché tenere tutto ‘aperto’ e ben predisposto ad accogliere aria, ospitandola nei nostri polmoni, può fare la differenza. Chi corre come stesse marciando a una parata militare può lasciarsi andare. Chi sembra ingessato, come in un bustino di gesso, deve rompere la gabbia. Lasciar ‘cadere’ le spalle e far funzionare i gomiti da metronomo, a scandire il ritmo tra una falcata e l’altra scaricandovi sopra il peso; alternativamente, delle spalle in fase di avanzamento e dei polsi in fase di arretramento.

A bocca leggermente aperta

I moscerini non entrano, e anche se fosse - come si suol dire - al limite son tutte proteine. Eppure correre con la bocca leggermente aperta (leggermente eh, non serve dire ‘aaaaa’ come dal dottore) aiuta a ossigenarci meglio perché permette al nostro busto di tenere una postura corretta, tanto da favorire il nostro apparato respiratorio e lasciarlo lavorare al meglio durante la corsa. Anche in questo caso, i runner più esperti sanno consciamente o no come mantenere questa impostazione senza preoccuparsi di tenere le labbra socchiuse; noi che dobbiamo imparare possiamo ‘condizionare’ la posizione del nostro corpo con questo piccolo barbatrucco. Dopo qualche chilometro non ci accorgeremo nemmeno più, e il gioco è fatto.

Extra: Occhio ai ‘lunghi’

Per questo non c’è bisogno di un campione olimpico, e infatti la dritta non viene da lui. Caviamocela tra di noi: se ‘il lungo della domenica’ per voi, oltre all’allenamento, è l’elenco delle portate che v’ingurgitate a pranzo o alla grigliatina serale… sappiate che poi il giorno - o la settimana - dopo la pagherete: le prestazioni potrebbero calare. O almeno, a noi, capita proprio così. D’altronde il vecchio adagio che divide i runner tra chi ‘mangia per correre’ e chi ‘corre per mangiare’ vale sempre. Una distinzione che i protagonisti di #RunWithMe, sponda ‘pigri’, devono sempre tenere a mente. Come un po’ tutti.

Noi, che questi consigli li abbiamo messi in pratica traendone visibile giovamento, proseguiamo la nostra preparazione da runner non del tutto pigri ma totalmente occasionali per l’Halloween Half Marathon di ottobre. Miami è sempre più vicina e bisogna darci dentro. Per curiosare buttando l’occhio a questi mesi di avvicinamento, come va tanto di moda dire oggi, stay tuned.