Anche se riesci a infilarti nei jeans trattenendo il respiro quei chili in più rimangono un problema: l’aumento di una sola unità rispetto al body mass index (BMI) – per un uomo alto 1.75 cm sono sufficienti 3 kg extra - incrementa del 20% il rischio di infarto.

Gli scienziati hanno analizzato i dati clinici di circa 200.000 adulti, ponendo particolare attenzione al BMI nonché al gene FTO, responsabile della produzione di sostanze che regolano l’appetito. Soggetti con specifiche varianti del gene avevano un BMI più alto rispetto alla media e pure un più alto rischio di infarti, un dato, quest ultimo, che non era ancora stato individuato.

Quindi cosa succede nell’organismo? L’autore dello studio Tove Fall, dell’Università di Svezia Uppsala, ci spiega: “Le varianti del gene FTO aumentano il BMI, il quale a sua volta può portare a conseguenze cardiocircolatorie a causa di un innalzamento della pressione sanguigna, dei livelli di lipidi e dello sforzo a cui è sottoposto il cuore”.

Secondo Fall il vero problema non è il gene, quanto il peso vero e proprio. “Molte persone dovrebbero puntare a un BMI inferiore al 25, a prescindere dalla genetica”. È vero, d’altronde, che per le persone che presentano una variante del gene FTO può essere più difficile mantenere il peso forma. La soluzione? Naturalmente un’attività fisica svolta regolarmente. Può bastare anche una passeggiata quotidiana per ridurre la tendenza all’obesità del 40%.