Che cos'è la cannabis light?

“Riportare l’equilibrio nella Forza” era la missione di Luke Skywalker nella saga di Star Wars. C’erano i cattivi, il “lato oscuro”, e i buoni, “i Jedi”: di per sé, la Forza era una potenza misteriosa del tutto neutrale che alcuni prescelti, attraverso anni di addestramento e studio, riuscivano a padroneggiare.

La differenza tra buoni e cattivi, come in tutte le storie belle, era una semplice questione di intenti: mentre i primi lottavano per salvaguardare l’equilibrio di questo potere, i cattivi volevano impossessarsene perché stregati dalle sensazioni e dal delirio di onnipotenza.

Perché siamo partiti da Star Wars? Perché con la cannabis succede la stessa cosa: di per sé, la sostanza non è né buona né cattiva. Ha vari effetti, alcuni ancora in corso di analisi, che possono essere dannosi o benefici, tutti riconducibili ai suoi due componenti principali, il principio attivo THC, o Delta-9-tetraidrocannabinolo, e il metabolita CBD, o cannabidiolo.

Andiamo con ordine: la cannabis light è il nome generico con cui ci si riferisce comunemente alle varietà di cannabis che, pur contenendo il metabolita cannabidiolo (CBD) che ha un effetto rilassante e piacevole, ha una bassa o insignificante quantità del principio attivo delta-9-tetraidrocannabinolo (THC).

Il THC è quello che ti fa “sballare”: più ce n’è, più velocemente e intensamente ti farà stare bene. I suoi effetti positivi però sono vari e, in parte, ancora in corso di studio: può funzionare da antidolorifico, per esempio, stimolare l’appetito, lenire la pressione endoculare o contrastare le sensazioni di nausea e vomito, e può arrivare persino a contrastare gli effetti negativi della chemioterapia e della sclerosi multipla. Come psicoattivo, anche se può creare assuefazione e provocare danni all’organismo, la sua DL50 di 1270 mg/kg (dose letale) è talmente alta da essere praticamente irraggiungibile. Nessuno può morire di THC, come dimostra il fatto che, ad oggi, non si siano mai state registrate fatalità legate a questo fattore. Nonostante questo, e nonostante altre droghe “leggere” abbiano DL50 molto più basse (l’ibuprofene, per esempio, ha una DL50 di 636 mg/kg, la caffeina di 192 mg/kg e la nicotina di 50 mg/kg), il THC è lo zoccolo duro del dibattito sulla possibilità di “legalizzare” la cannabis in Italia e nel mondo. Per chi fa già uso di cannabis a scopo ricreativo, acquistandola però quasi sempre sul mercato nero, la quantità di THC presente nella dose è spesso direttamente proporzionale alla qualità percepita dell’erba comprata: quello che conta, infatti, è la “botta”, che quando non arriva lascia spesso l’amaro in bocca, come se si fossero spesi soldi per una medicina che non funziona o un Blueray graffiato.

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Cannabidiolo, il principio buono e sicuro

Dall’altra parte, invece, abbiamo il principio “buono”: il cannabidiolo o CBD. A differenza del THC, questo metabolita della cannabis non è psicoattivo e ha solo una lunga serie di effetti benefici: è rilassante, anticonvulsionante, antidistonico, antiossidante, antifiammatorio e, come se non bastasse, favorisce il sonno e ha un effetto distensivo su fenomeni di ansia e panico, ma non ti “sballa”. Per assumere cannabidiolo, fortunatamente, non devi per forza andare dal pusher illegale che vende erba nei luoghi più squallidi del mondo: lo trovi in farmacia o nei cannabis shop (esiste anche un servizio di delivery che ti permette di acquistare prodotti senza uscire di casa) disciolto in infusi, sotto forma di capsule, come additivo per il caffè e persino in alcuni cocktail.

È sicuro. Ma siccome il marketing di CBD e THC è sempre stato regolato in maniera dozzinale e improvvisata, fino ad oggi c’era il rischio di non sapere veramente che cosa stavi comperando. Oggi sai invece che può avere effetti positivi inconfutabili sul tuo organismo, sai che è incomparabilmente meglio delle sigarette, di bere troppo caffè e dell’alcol, ma devi stare attento a che cosa compri e, soprattutto, a chi te lo vende.

Facciamo chiarezza sul concetto di legalizzazione

Prima di studiare gli effetti negativi e positivi del cannabidiolo e della marijuana in generale è bene riflettere sul concetto di “legalizzazione”. In Italia come nel mondo non è sempre detto che tutto ciò che è dannoso è illegale e che tutto ciò che fa bene è legale. Alcol e tabacco, sicuramente dannosi alla salute, sono esempi di business liberi di vendere miliardi di prodotti ogni anno in maniera legale.

Sappiamo tutti che fumare fa venire il cancro e che bere devasta fegato e cervello, ma le massime restrizioni che tolleriamo in materia sono di non vendere sigarette ai minorenni e di non guidare da ubriachi. Parte da qui la riflessione più importante sul tema di legalizzazione. “Legalizzare” una sostanza, infatti, non significa riconoscerla come “buona”, ma permettere alle istituzioni e al governo di regolamentarla e, soprattutto, rendere l’informazione su quella sostanza legalizzata molto più affidabile e approfondita. Non a caso, tutti conosciamo bene gli effetti nocivi del fumo e dell’alcol.

Ma prova a tornare indietro di qualche decennio fino al proibizionismo americano: dal 1920 al 1933 l’alcol a scopo ricreativo era stato legalmente bandito dagli Stati Uniti. La civiltà, però, non ha compiuto nessun passo avanti grazie a queste misure. Le compagnie che commerciavano alcolici sono andate in bancarotta ma la gente non ha smesso di bere, questo perché il mercato “regolare” è stato immediatamente sostituito dal mercato di contrabbando, dominato da figure bieche come il famigerato Al Capone. Dopo la rimozione dell’emendamento che proibiva l’alcol, una buona parte del popolo americano ha tratto un sospiro di sollievo, non più costretta a bere di nascosto. Nel film L’Uomo Ombra del 1934 diretto da W.S. Van Dyke, Nick e Nora Charles sorseggiano Martini a non finire senza mostrare il più pallido malessere, quasi come volessero dirti: “questa cosa del proibizionismo è stata un grande casino per nulla”. Oggi è risaputo che l’alcol fa male: probabilmente ne sei molto più consapevole tu di quanto non lo fosse l’americano medio degli anni ‘20. Le confezioni e le bottiglie indicano puntualmente il grado alcolico della bevanda e i componenti chimici, ci sono infrastrutture e gruppi di supporto per chi sviluppa una dipendenza incontrollabile e, cosa altrettanto importante, abbiamo metabolizzato una cultura generale dell’alcol: sappiamo che bere due pinte di birra non è come berne due di whisky, sappiamo che ci sono liquori, vini e diverse alternative analcoliche. Abbiamo costruito un insieme di norme, leggi e abitudini per gestire il fenomeno dell’alcol. In un clima proibizionista dove tutto l’alcol è vietato a prescindere questo tipo di sensibilità non si formerà mai.

Tutto il bello della cannabis

Dopo essere stata diffusissima nella cultura underground per decenni, la cannabis è oggi uno dei temi più frequenti delle top hit di Spotify (il 17% delle canzoni nella top 40 del Billboard del 2016 contenevano almeno un riferimento alla cannabis!), le sue proprietà e i suoi effetti, positivi o negativi che siano, sono sotto osservazione nei laboratori di tutto il mondo. Stiamo anche cominciando a imparare che la canapa non è tutta uguale: abbiamo scoperto che ne esistono tipi diversissimi e che i contenuti di THC e CBD variano lungo una scala piena di gradini intermedi. Quanti di noi, vent’anni fa, avrebbero immaginato che oggi avremmo potuto discutere dei benefici della “cannabis light”, cioè la canapa a basso contenuto di THC? La legalizzazione della cannabis permette, inoltre, di regolamentarne il commercio e il marketing, di sorvegliarne la distribuzione e la produzione, un risultato che si tradurrebbe automaticamente in un maggior controllo della qualità del prodotto, nella creazione di posti di lavoro: il mercato nero, che poi è quasi sempre un pusher, non fornisce né etichette né garanzie, ma è l’unico modo in cui il cittadino di uno stato proibizionista può procurarsi la sostanza che vorrebbe consumare.

La cannabis ti rimette in forma?

Uno studio recente pubblicato sul giornale Molecular and Cellular Biochemistry ha collegato l’assunzione di cannabidiolo, una pratica già consolidata nel mondo del wellness, a una perdita di peso salutare e regolare. Nello specifico, il CBD stimolerebbe la trasformazione del tessuto adiposo bianco (quello associato all’obesità e al diabete) in tessuto adiposo bruno, che aiuta il tuo corpo a bruciare calorie attraverso termogenesi, il processo che regola la temperatura interna. E non finisce qui: il CBD riduce l’effetto delle proteine che generano nuove cellule di grasso e rende quelle del tessuto adiposo bruno più efficienti nel consumare i grassi aumentandone i mitocondri.

È arrivata la Green Delivery

Oggi è già possibile acquistare cannabis light legalmente dai negozi specializzati ma, per quanto i cannabis shop siano aumentati notevolmente negli ultimi anni, rimangono ancora un fenomeno di nicchia e per pochi: il consumatore medio che vuole avvicinarsi al mondo della cannabis light è innanzitutto scoraggiato dallo stigma culturale che ancora considera la cannabis light una “droga” e, secondariamente, dall’impossibilità di acquistare cannabis light in modo confortevole e riservato, oltre che sicuro. Ai negozi ci devi andare fisicamente e, come se non bastasse, devi andarci in orario lavorativo, perché poi chiudono. Fortunatamente sta arrivando una soluzione a questi problemi: è JustMary, il primo servizio di delivery di canapa legale partito in cinque grandi città italiane dalle 18 alle 24 (Milano, Monza, Torino, Firenze e Roma), che ti permette di acquistare e consumare prodotti a base di cannabis senza nemmeno uscire di casa.

Soprattutto, però, ti permette di farlo in totale sicurezza: JustMary è infatti un marchio registrato in Italia e in Europa, e questo permette ai consumatori di risalire sempre alla fonte di origine dei prodotti che acquisti.

Accedere al servizio è semplicissimo: ti basta aprire il loro sito e scegliere il prodotto desiderato, acquistarlo e aspettare comodamente seduto sul divano l’arrivo del fattorino, che ci metterà al massimo 45 minuti per raggiungerti. La spesa minima è di 20 euro mentre la consegna è completamente gratuita. Inoltre, è garantita la totale riservatezza del consumatore, anche se è ovviamente necessario dimostrare di essere maggiorenni per poter usufruire del servizio.

Quanto vale il business della canapa?

Siccome il mercato della canapa e della cannabis light sta ancora attraversando una zona grigia dal punto di vista legale nel mondo, è difficile rilevare dati precisi sul suo reale valore monetario. Quello che è certo, però, è che è immenso. Per quanto riguarda infatti soltanto la cannabis light, le stime del 2019 oscillano tra i 7,3 e i 30 miliardi potenziali nel giro dei prossimi dieci, un capitale equamente distribuito tra il settore medico e quello ricreativo. Inutile aggiungere che, in questo campo, l’Italia è di nuovo un fanalino di coda del progresso mondiale: lo stesso mercato, negli Stati Uniti, vale intorno agli 80 miliardi di dollari.

La canapa in Italia

Dall’entrata in vigore della legge 2 dicembre 2016 n.242, in Italia è possibile coltivare e commercializzare la canapa, naturalmente entro limiti stringenti per produttori e distributori: qualsiasi sia il prodotto finale, infatti, le inflorescenze devono contenere un livello di THC inferiore allo 0,2%, con una soglia di tolleranza che si spinge fino allo 0,6%.

Le piante che superano questa soglia sono considerate stupefacenti a tutti gli effetti e, quindi, illegali. Quelle al di sotto, invece, sono tutelate dalle disposizioni per la promozione della coltivazione e della filiera agroindustriale della canapa. La cannabis “light” ha già diverse applicazioni nel settore tessile e alimentare: vestiti, oli, farine sono solo alcuni dei prodotti che possono essere realizzati mediante la lavorazione di questa pianta. Dall’1 febbraio del 2019 la Cassazione di Macerata ha anche chiarito in modo definitivo che anche fumarla, se rientra nei limiti previsti dalla legge, è perfettamente legale. A questo punto, le sfide più grandi sono la distribuzione e l’informazione: di fronte a un mercato in costante espansione e a una domanda sempre presente, occorre trovare soluzioni che rendano la vendita e il consumo della cannabis light sicuro e trasparente.