Non so se vi sia mai capitata quella sensazione di essere sotto assedio e dover stabilire delle priorità tra rispondere al telefono o alla email nell’ambito dell’attività lavorativa. Oltre al problema organizzativo, come districarsi anche a livello di “netetiquette”?

Prima, in pre Pandemia, per casi urgenti e se le dimensioni aziendali lo permettevano, ci si armava di buonsenso e si andava a parlare a voce direttamente con l’interessato/a e si risolveva subito l’eventuale problema.

Ora no, è diventato tutto più difficile perché il lavoro a distanza ha sconvolto la comunicazione lavorativa e ha innescato una versione nuova del problema, cioè la vera e propria “paralisi” della comunicazione.

Nell’indecisione, quando si è sotto assedio, e quando qualcuno ti incalza tramite telefono, email e what’sUp la soluzione diventa drastica: per non far torto, o meglio per far torto a tutti, non si risponde più su nessun canale comunicativo. In pratica, “stop alle comunicazioni”.

Questa è la realtà - non bella, dal punto di vista educativo - di un mondo iper connesso.

La comunicazione, secondo la teoria classica, indica nell’emittente, nel messaggio, nel veicolo di trasmissione e nel ricevente gli elementi parimenti indispensabili della sua essenza, ma il mondo odierno ha creato la propria difesa naturale: attualmente dipende tutto dal ricevente e dalla sua non risposta.

Nella preistoria della comunicazione non si comunicava (a distanza) perché scarseggiavano i modi di trasmissione. Anche ora, alla fine, si comunica di meno o addirittura non si comunica, quindi è cambiata la problematica sottostante ma non il risultato finale. Tutto, alla fine, purtroppo ritorna.