La sfida di canottaggio più dura al mondo, la talisker whisky atlantic challenge sta per iniziare!

La sfida di canottaggio più dura al mondo, la Talisker Whisky Atlantic Challenge sta per iniziare!
Matteo Perucchini è l'unico italiano ad affrontare la traversata in solitaria. Lo abbiamo incontrato a pochi giorni dalla partenza per capire cosa lo ha spinto a partecipare e come si è preparato ad affrontare le condizioni estreme che lo attendono.

La Talisker Whisky Atlantic Challenge si ripete ogni due anni e per la prima volta anche un italiano ha deciso di sfidare l'Atlantico affrontando onde alte fino a 12 metri, tempeste tropicali, il caldo soffocante e lo stress psicologico dovuto alla permanenza in un ambiente così pericoloso e imprevedibile come l'oceano. I concorrenti arriveranno a bruciare fino a 8.000 calorie al giorno perdendo circa il 20% del proprio peso corporeo. La partenza era prevista per il 15 dicembre ma a causa delle cattive condizioni meteo, è stata posticipata al prossimo fine settimana mentre l'arrivo è previsto dopo circa 6 settimane ad Antigua anche se in alcuni casi possono volerci fino a 100 giorni per completare la traversata. Matteo, classe 1981 affronterà questa sfida completamente in solitaria: varesino trapiantato in Inghilterra, Matteo inizia a remare fin da bambino vincendo poi, durante il periodo universitario 3 titoli italiani a sedile fisso, due nel singolo e uno nel due di coppia. Matteo è un atleta esperto con più di 20 anni di esperienza nel campo del canottaggio sia in Italia sia in Inghilterra. Ecco cosa ci ha raccontato.
Cosa ti ha spinto a partecipare ad una competizione così estrema?
Non c’è una risposta semplice a questa domanda: ci sono molti fattori ed eventi che portano una persona a prendere questo tipo di decisione. Sono ormai dieci anni che seguo l’Atlantic Challenge e che sogno di prenderne parte e sono sempre rimasto affascinato dal fatto che una tale impresa sia umanamente possibile: attraversare l’oceano su una barca senza l’aiuto di vele o motori e senza supporti esterni. La decisone finale l’ho presa nel 2014 a Singapore dove lavoravo, una sera dopo più di 36 ore filate in ufficio, in cima ad uno di questi palazzi ultramoderni, qualche cosa dentro di me è cambiato. Ho capito che se non avessi avuto il coraggio di inseguire il mio sogno non si sarebbe mai realizzato ed il giorno seguente mi sono iscritto alla gara.
Come ti sei preparato per affrontare questa sfida? Qual è stato il tuo programma di allenamento?
La preparazione per una gara di questo tipo dura anni e bisogna prepararsi a livello fisico, mentale e tecnico. Durante la fase di allenamento sono stato seguito da un preparatore sportivo dell’Universita’ di Essex il quale ha più di 18 anni di esperienza nella preparazione di atleti per sfide estreme e ha creato un programma veramente eccezionale, integrando varie discipline come la bicicletta, la boxe ed il CrossFit e, anche se sono state necessarie lunghe sessioni sul remoergometro, a volte di più di 24 ore, questo tipo di allenamento mi ha permesso di prepararmi in modo ottimale e allo stesso tempo di gestire tutti gli altri aspetti di questa avventura. Mentre durante le ultime settimane prima della partenza mi sono concentrato unicamente sulla barca, controllando e ricontrollando tutto l’equipaggiamento dato che dopo la partenza non potrò ricevere supporti esterni. Verrà poi messa in acqua a La Gomera 7 giorni prima della partenza dove farò le ultime prove in mare per bilanciare i pesi e testare nuovamente le attrezzature.
In una sfida estrema come questa conta molto, oltre al fisico, anche la preparazione mentale: utilizzi qualche tecnica particolare per restare concentrato o per gestire la paura?
Tanti mi chiedono se ho paura e sicuramente non ne sono immune: la paura è importante per ogni sfida, mi aiuta ad apprezzare e a non sottovalutare le difficoltà che dovrò affrontare quando sarò solo nell’Oceano. La preparazione fisica anche se molto importante, non è essenziale. Lo è invece quella psicologica, ed è questa che sarà determinante al raggiungimento del mio obbiettivo e per questo mi sono preparato attraverso lo yoga e la meditazione.
Durante la traversata, quale credi sarà la sfida più grande che dovrai superare?
Ocean rowing è una battaglia estrema sia a livello fisico che mentale ma per le traversate in solitaria l’aspetto metale è sicuramente quello più difficile, basta pensare al senso di solitudine nelle ore notturne, all’oscurità più completa, alla necessità di confrontarsi con venti e onde nel bel mezzo del nulla, ad oltre 1000 miglia di distanza dalla terraferma più vicina. La solitudine e l’isolamento saranno in alcuni momenti miei alleati mentre in altri i miei peggiori nemici. Comunque saranno forse una delle poche costanti del mio viaggio e spero che mi possano aiutare a riprendere contatto con me stesso.
La tecnologia farà sicuramente la sua parte a bordo, come ti sei dovuto preparare per conoscere le strumentazioni?
Per quanto riguarda la preparazone tecnica e la messa a punto della barca, ho partecipato a numerosi corsi di navigazione e di sopravvivenza in mare e per ben 18 mesi la barca è stata allestita e preparata al Cantiere Costantini sul Lago Maggiore. Le strumentazioni di bordo giocheranno un ruolo chiave per massimizzare le prestazioni e garantire un adeguato livello di sicurezza. Ho avuto la fortuna di collaborare con Garmin Marine Italy che ha fornito tutto l’equippaggiamento necessario ed il supporto tecnico. Alla fine comunque il modo migliore di conoscere i propri strumenti è la pratica ed è per questo che mi sono allenato il più possibile per conoscere a fondo tutta la tecnologia di bordo.
Come descriveresti il tuo stato d'animo prima della partenza?
La preparazione è stata molto difficile ma dopo quasi due anni di duro lavoro mi sento di aver raggiunto un buon equilibrio mentale e mi sento pronto. Sono positivo per quello che riguarda il lavoro che ho fatto per prepararmi sia a livello fisico che mentale. La barca, grazie all’aiuto di numerosi partner tecnici, è sicuramente una delle meglio allestite tra quelle che prenderanno parte alla gara. Non vedo l’ora di partire.
La sfida che ti attende è più con la natura o con te stesso?
Nei confronti dell’oceano siamo più piccoli di un granello di sabbia ed è importante essere consapevoli di questa nostra fragilità perchè aiuta a mantenere un equilibrio e a rispettare l’oceano. La battaglia più grande sarà con me stesso ed in alcuni casi sarò io l’unico ostacolo al successo della traversata: raggiungere i miei limiti sia a livello mentale che fisico e dovermi confrontare con questa parte di me stesso è una cosa che forse non mi fa paura ma che di sicuro mi preoccupa. Ci saranno momenti molto difficili e negativi nei quali dovrò trovare la forza mentale di reagire e continuare a remare.

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