Ferma il bullo che c’è in te – 1/2

Quando sul lavoro si è a capo di un gruppo di persone, può capitare di farsi prendere la mano e scambiare la prevaricazione per autorevolezza. Christine Porath, autrice del libro The Cost of Bad Behavior (“Il costo di un cattivo comportamento”) ci aiuta a scoprire quali sono i cinque segnali che identificano un prepotente. Se ti rendi conto di rientrare nel profilo, corri subito al riparo prima di mettere a repentaglio i rapporti con i colleghi o addirittura la tua carriera.
 

Ecco i primi tre segnali: 
 

1. Rivendichi tutto il merito delle idee partorite in realtà dal tuo gruppo di lavoro

 

Il problema: visto che devi farti carico degli oneri del lavoro che ti è stato affidato e del rischio che vada male, perché non dovresti assumerti tutti gli onori quando riscuoti un successo? “Ignorare il contributo degli altri” dice la Porath “è un modo di affermare il tuo potere e di sminuire il loro valore”.

Il rimedio: essere prodigo di lodi, specie in presenza degli altri colleghi, spingerà chi lavora per te a impegnarsi ancora più duramente. Inoltre, è dimostrato che più si è rispettosi ed educati, più si viene considerati affidabili dai propri pari. Nel tempo, è probabile che tutto ciò si traduca in incarichi di maggiore responsabilità e prestigio.
 

2. La tua voce risuona da un capo all’altro dell’ufficio (specie quando stai dando una lavata di capo a qualcuno…) 

 

Il problema: può darsi che tu abbia solo un vocione potente. Se però il tuo collega ti suggerisce gentilmente di abbassare i toni e tu te ne infischi, è probabile che, consciamente o no, tu voglia fargli fare brutta figura davanti agli altri. In pratica, lo stai umiliando.

Il rimedio: quando devi parlare con un collega in un open-space, avvicinati a lui e abbassa la voce in modo che i vicini di scrivania non sentano cosa state dicendo. Se poi devi discutere con lui di una questione delicata oppure richiamarlo all’ordine per un errore o un comportamento inappropriato, meglio farlo a porte chiuse.
 

3. Pretendi la perfezione dai colleghi

 

Il problema: non c’è nulla di male nell’ambire all’eccellenza e nel motivare gli altri a dare il meglio di sé. Il punto è capire se gli standard che tu hai in mente sono o no ragionevoli per il contesto e per gli obiettivi del tuo gruppo di lavoro. Peggio ancora, poi, è pretendere dai colleghi dei risultati che tu stesso non saresti mai in grado di raggiungere.

Il rimedio: è un dato di fatto, molti capi sono meno preparati delle persone che devono dirigere. In parte è colpa delle aziende, che cambiano i vertici troppo rapidamente, spesso senza preoccuparsi del fatto che la nuova risorsa proviene da un settore completamente diverso. Sforzati quindi di capire cosa sanno fare i tuoi sottoposti e valorizza le loro competenze. Riuscirai a guadagnare il loro rispetto pur avendo un’esperienza nel campo inferiore alla loro.