Barefoot running

Cominciamo da un piccolo ripasso di anatomia: “abbiamo 26 ossa, 33 articolazioni, 111 legamenti e più di 20 muscoli in tutto il corpo”, dice Irene Davis, direttore dello Spaulding National Running Center alla Harvard Medical School e specialista di meccanica della corsa. “I nostri piedi”, dice la Davis, “sono progettati per correre senza scarpe. L’evoluzione poi ci ha portato a sviluppare un tipo di corsa indirizzato alla sopravvivenza (come quando corri per cacciare), non una corsa costante sulle lunghe distanze come fanno in molti oggi, per sport.”

Se prendi qualcuno abituato a fare barefoot running, cioè a correre a piedi nudi, e lo bendi riuscirà ancora a riconoscere le più piccole modifiche della superficie, della temperatura e dell’inclinazione del terreno. Questa dote ha un nome: propriocezione. Chi normalmente non indossa le scarpe, come i Daasanach e i Kalenjin del Kenia, o anche come i San del Botswana, che vanno a caccia scalzi sulla sabbia rovente del deserto del Kalahari, sono molto propriocettivi.

I ritrovamenti fossili ci hanno permesso di capire che i primi uomini usavano una specie di scarpa già 30 mila anni fa. In realtà si trattava più di una protezione per i piedi, un cuscinetto per il tallone che aiutava ad aumentare la falcata quando si correva veloci per lunghe distanze su terreni duri o accidentati. Come dice Lieberman, “ci siamo inventati le scarpe perché correre a piedi nudi faceva male!”.

Nel tempo le scarpe si sono evolute a tal punto che il 94 per cento di chi corre poggia prima a terra il tallone della punta. Ecco perché quando si è diffusa la teoria del barefoot running – corsa più efficiente, meno dolore – ha trovato un pubblico pronto ad accoglierla. Ma non puoi prendere un piede che è sempre stato protetto dai colpi e sostenuto e togliergli di botto tutto questo. Se si passa senza adeguato allenamento dalla corsa normale al barefoot running, il che implica anche una diversa falcata, appoggiando la punta invece del tallone, il rischio è di farsi molto male.

Gli esperti consigliano di cominciare da una distanza ridotta, più o meno come un paio di giri intorno a un campo da calcio. Oppure, meglio ancora, fare un km o anche meno sul tapis roulant e continuare con qualche esercizio mirato per favorire la stabilità delle giunture come l’arrampicata sulla corda, gli affondi, la corsa con le ginocchia al petto, la corsa laterale e il bird-dog. Gli esercizi di allungo del tendine di Achille sono fondamentali per i muscoli gastrocnemio e soleo, per i legamenti e per il tendine di Achille, ovviamente. È importante anche correre sul posto e imparare a spostare il peso sulla punta del piede. Bisogna imparare ad atterrare come un gatto. Sembra difficile ma non lo è: basta un po’ di pratica per vedere miglioramenti.